Una donna di meno di 40 anni affetta da menopausa precoce è ora al secondo mese di gravidanza. L’intervento è stato effettuato dalla clinica abruzzese di Tecnobios. Il Tar del Veneto annulla la delibera che impone il limite di 43 anni alla pratica. Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni: “Lo aboliscano anche le altre regioni”
Una donna di meno di 40 anni, affetta da menopausa precoce, è attualmente al secondo mese di gravidanza. Succede a Pescara, dove il lieto evento è reso possibile dalla pratica della fecondazione eterologa e, nello specifico, dell’egg-sharing, cioè la condivisione di ovociti sovrannumerari fra donne che si sono sottoposte a trattamenti di stimolazione ormonale per la procreazione assistita.
La particolarità dell’episodio è data dal fatto che contrariamente ad altri casi, in cui si è usato un ovulo importato, questa volta a rendere possibile la gravidanza è stato l’altruismo di una donna, che ha donato uno degli ovuli in sovrannumero, mentre la ricevente si era sottoposta già a diverse terapie senza successo prima di decidere per l’eterologa.
Il presidente dei centri Tecnobios, Andrea Borini, la cui equipe opera nel capoluogo abruzzese dove è stata resa possibile la gravidanza, sottolinea come il territorio abruzzese sia incline a questo tipo di iniziative: “Abbiamo notato una maggior propensione verso questa metodologia di donazione, mentre sono ancora pochissime le persone che vogliono donare gameti per semplici fini altruistici”. Un gesto importante anche se le donazioni non riescono comunque a soddisfare tutte le richieste. “Solo nei nostri centri ci sono 400 persone in lista di attesa, e una parte sta cercando di andare all’estero perché i tempi si stanno davvero allungando ma a Pescara – prosegue Borini – forse perché sono più giovani, le donne sono maggiormente disposte a condividere i loro ovociti in sovrannumero”.
Ad ogni modo la strada a cui si va incontro con la fecondazione eterologa non è semplice. “Qualche donna ci ha scritto ed è anche venuta nel nostro centro – evidenzia Borini – per saperne di più sulla possibilità di donare i suoi ovociti: le abbiamo visitate e sottoposte a tutti gli esami. Una è risultata affetta da una patologia genetica che ne ha richiesto l’esclusione, un’altra aveva una bassa riserva ovarica, un’altra ha capito che il percorso non è semplice: stimolazione ormonale con i farmaci, intervento in anestesia, permesso dal lavoro non retribuito. Sono tutti elementi che spaventano. E nemmeno fra gli uomini – conclude – abbiamo notato una grande facilità alla donazione”.
Intanto il Tar del Veneto ha dato ragione ad una coppia che aveva fatto ricorso contro la delibera regionale che imponeva il limite di età a 43 anni per far ricorso alla fecondazione eterologa, abolendo la disposizione. La donna si era rivolta all’Associazione Luca Coscioni e Filomena Gallo, insieme a Nicolò Paoletti e Claudia Sartori (dello studio legale Emanuele Scierri) hanno presentato ricorso contro la delibera per “eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto”. I giudici amministrativi abolito la dispozione, nella parte in cui identifica nei 43 anni il limite di età per accesso nelle strutture pubbliche, “perché viziata per violazione dei principi costituzionali di uguaglianza, nonché diritto alla genitorialità e alla salute”.
“È stata la politica che nella conferenza delle Regioni, nel dare un indirizzo per l’eterologa, ha introdotto il limite immotivato dei 43 anni per per la donna”. L’avvocato Filomena Gallo spiega la questione del limite di età che è stato adottato anche da Piemonte,Emilia-Romagna e Toscana, auspicandone la rimozione anche nelle altre regioni. “Si tratta di un limite contraddittorio: da un lato si fa finta di favorire l’applicazione dell’eterologa – ha continuato la Gallo – e dall’altro si introducono nuovi limiti non previsti dalla legge 40 che parla di età potenzialmente fertile”.
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale – ha concluso Gallo – che ha cancellato il divieto di eterologa, le coppie italiane hanno iniziato a combattere per l’affermazione di un diritto riconosciuto dai giudici delle leggi ma ostacolato dalla politica. È la politica che determina le norme regionali per consentire l’accesso a queste tecniche a carico del servizio sanitario regionale. È arrivato il momento in cui la classe politica, che sta dimostrando quanto sia inadeguata su questi temi, decida di affermare libertà che corrispondono a diritti invece di introdurre deterrenti illegittimi che ci costringono a ritornare nei tribunali per affermare diritti”.
fonte: www.ilfattoquotidiano.it