Un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fa il punto sulla letteratura internazionale dedicata agli aspetti psicologici della salute riproduttiva delle donne (Mental health aspects of women’s reproductive health. A global review of the literature, OMS, 2009). Per quanto riguarda in particolare l’infertilità e le tecniche di riproduzione assistita, il rapporto presenta alcune conclusioni rilevanti tratte dall’analisi di studi internazionali condotti sulla popolazione femminile infertile. Abbiamo sintetizzato in forma di domanda e risposta i risultati più importanti dell’indagine.
- Esiste una causa psicologica dell’infertilità?
Diversi autori hanno ipotizzato delle cause di origine psicologica dell’infertilità, come ad esempio difficoltà nell’identificazione sessuale, conflitti interni, ambivalenza verso la genitorialità, ansia e depressione. Tali ipotesi sono state proposte per spiegare i casi di infertilità per i quali non viene identificata una causa riconoscibile di tipo biologico (infertilità inspiegata). Tuttavia, con la maggior conoscenza del fenomeno dell’infertilità, il numero di casi di infertilità inspiegata si è notevolmente ridotto. Le difficoltà psicologiche e il disagio possono però indurre comportamenti che rappresentano un rischio comprovato di infertilità come i disordini alimentari fino all’anoressia o alla bulimia (magrezza eccessiva o obesità), l’attitudine verso rapporti sessuali a rischio di contagio da malattie veneree, il fumo, l’abuso di alcol e l’uso di droghe, compreso il doping.
- Il disagio psicologico causato dall’infertilità è normale?
E’ difficile capire se i disturbi psicologici correlati all’infertilità siano una reazione normale ad un situazione “anormale” e particolarmente difficile o se si tratta di qualcosa di più. E’ certo però che quasi tutte le donne che affrontano un trattamento per l’infertilità mostrano, sia pure in misura diversa, sintomi di ansia, irritabilità, profonda tristezza, auto colpevolizzazione, calo di energie e di motivazione, tendenza all’isolamento e ipersensibilità. Molto comune è il sentimento di colpa per scelte o comportamenti passati che vengono ritenuti causa di infertilità. Una reazione opposta, anch’essa comune, è la rabbia contro il partner, contro amici o conoscenti che hanno bambini, contro chi si permette di dare consigli fuori luogo e non richiesti. L’infertilità, infine, viene spesso descritta come l’esperienza di perdita di una intera dimensione di vita, condizione questa che comprensibilmente causa depressione. Reagire alla sofferenza psichica è importante: acquisire informazioni sull’infertilità e sulle tecniche di procreazione assistita e assumere un ruolo attivo nel prendere decisioni riguardo ai trattamenti da eseguire o meno, aiuta a combattere la depressione e attiva risposte positive da parte degli altri. Al contrario, negare il problema espone al rischio di una aspettativa irrealistica nei confronti dei possibili trattamenti, rende vulnerabili alle disillusioni e psicologicamente dipendenti dal medico.
- Gli uomini e le donne reagiscono in modo diverso?
Le donne complessivamente soffrono più degli uomini a causa dell’infertilità. Le donne sono depresse e stressate dalla condizione in sé, indipendentemente dalla chi nella coppia è infertile, mentre gli uomini soffrono soprattutto della propria infertilità, che viene vissuta spesso come segno di impotenza e di inadeguatezza sessuale. Inoltre, probabilmente poiché la maggior parte degli accertamenti e dei trattamenti viene eseguito sul corpo femminile, le donne spesso provano senso di colpa o di inadeguatezza anche se il fattore di infertilità è maschile. In caso di infertilità inspiegata o di coppia, infine, sia gli uomini che le donne sono portati a ritenere che “la colpa” sia femminile.
- Quale è l’impatto dell’infertilità sulla vita di coppia?
L’infertilità può influenzare negativamente la vita di coppia. Il senso di colpa e di biasimo che non può essere espresso può avere effetti insidiosi sulla vita intima. Il partner infertile (uomo o donna) può temere di non essere accettato e può sentirsi obbligato a offrire la possibilità di divorzio in modo da consentire la genitorialità con un altro/a partner. Inoltre la spontaneità sessuale può venir inibita dalla necessità di avere rapporti sessuali programmati e finalizzati alla riuscita del trattamento. Tuttavia se l’infertilità viene affrontata con solidarietà tra i partner questa esperienza può rafforzare e migliorare il rapporto di coppia.
- Quali sono le reazioni emotive ad una diagnosi di infertilità?
E’ noto che le emozioni variano a seconda delle fasi del trattamento dell’infertilità. Gli accertamenti e la comunicazione della diagnosi rappresentano un momento di particolare stress, in genere seguito da una fase di maggiore serenità e ottimismo all’inizio del trattamento. Le iniezioni, i test, le ecografie sono impegnative sia dal punto di vista fisico che psicologico. La fase del transfer degli embrioni in utero, infine, è particolarmente delicata sotto il profilo psicologico poiché all’ottimismo per la forte aspettativa di gravidanza, segue l’ansia per l’attesa del risultato e una intensa tristezza nel caso in cui l’impianto fallisca. Ripetuti insuccessi minano la fiducia iniziale: dopo due anni di tentativi lo stato d’animo può essere peggiore di quando si è scoperta l’infertilità e il fallimento può dare luogo ad una grave depressione. In genere è difficile “reggere” più di sei cicli senza risultato. Tuttavia, la decisione di non andare più avanti non è facile né lineare ed è nella maggior parte dei casi influenzata da fattori sociali ed economici oltre che dai consigli di parenti e amici.
- Quanto incide lo stato d’animo durante il trattamento dell’infertilità?
L’attenzione e la sensibilità verso il vissuto emotivo dell’infertilità da parte dei medici è molto importante per le coppie, e soprattutto per le donne. Un atteggiamento empatico dal parte del medico sempre più raccomandato a livello internazionale, tanto da essere considerato -anche da parte delle coppie- parte integrante di un buon trattamento. Alcuni studi ritengono addirittura, anche se non esistono prove definitive, che ridurre lo stress può favorire la gravidanza. Inoltre, un aiuto psicologico di tipo professionale come il counselling di sostegno è di grande beneficio soprattutto nel periodo tra il trasferimento embrionario e il test di gravidanza, che spesso causa forte ansia, irritabilità e sintomi depressivi. Funzionano bene però anche il sostegno da parte di pari e i gruppi di auto aiuto.
- Come viene accettata la fine del trattamento?
Accettare il fallimento del trattamento è difficile e la responsabilità viene spesso imputata ai medici. Meno della metà delle donne che non sono riuscite ad avere un figlio infatti si ritiene soddisfatta delle cure ricevute. Anche l’empatia del medico è di fondamentale importanza: il 70% delle donne, indipendentemente dalla riuscita o meno del trattamento, ritiene di non essere stata sufficientemente capita e sostenuta sotto il profilo psicologico. Tuttavia, accettare serenamente una vita senza figli o l’adozione sono alternative possibili e soddisfacenti per la maggior parte delle coppie, e vanno prospettate con chiarezza all’inizio del trattamento.
- Come vengono vissuti la gravidanza e il parto?
Le donne che vivono una gravidanza a seguito di un trattamento dell’infertilità, vengono descritte da alcuni studi come più ansiose della media perché temono di perdere il figlio o perchè temono per la sua salute, come meno fiduciose in se stesse e più in difficoltà nel gestire emozioni contrastanti. Diffuse sono anche le strategie psicologiche “di evitamento” come quella di negare la gravidanza o ritardare la preparazione di un ambiente casalingo adatto ad accogliere il figlio. Con il procedere della gravidanza, le paure tendono a diminuire, anche se il parto rappresenta un evento che genera ansia per il timore di danni al bambino. Tutto questo però non influisce sulla relazione madre-bambino, né sul processo di attaccamento affettivo al bambino, che non differiscono rispetto alle gravidanze spontanee.
- E’ più difficile fare la mamma di un bambino nato da procreazione assistita?
Si afferma spesso che le donne che hanno avuto un figlio grazie alle tecniche di procreazione assistita sono madri iperprotettive che non dimenticano facilmente l’esperienza negativa dell’infertilità. Inoltre, il forte desiderio e l’impegno che è stato necessario per avere un figlio, sembra rendere meno consapevoli delle difficoltà e delle ambivalenze intrinseche alla maternità. Alcune temono che il figlio abbia più problemi degli altri, oppure hanno più difficoltà nell’accettare il suo naturale processo di separazione dalla madre. Tuttavia test specifici dell’interazione madre-figlio dimostrano l’esistenza di una buona relazione con il bambino, e di un atteggiamento materno responsabile e sensibile. La nascita di gemelli, in particolare nei parti trigemini, rappresenta naturalmente un caso a sé, essendo un evento che espone al rischio di ansia, depressione ed esaurimento fisico e psichico. Le donne che hanno avuto gemelli nati da procreazione assistita, però, sembrano affrontare questa situazione meglio delle altre.
fonte: Istituto Superiore di Sanità